L'album "At the Party" dei Drift, un lavoro collettivo e audace dello "studio man" Renaud Letang

Arroccati dal 1973 su una collina del XX arrondissement, nei locali di un'ex fabbrica di ferro, i Ferber Studios rimangono uno degli ultimi luoghi leggendari per la produzione musicale a Parigi. Proprietario del complesso dal 2014, Renaud Letang è a capo della sala di registrazione A, la cui superficie (187 m²) è in grado di ospitare le orchestre più grandi. Ama particolarmente, nel seminterrato, gli 85 m² dello studio B, che è diventato il suo rifugio, da quando questo direttore artistico e fonico di 55 anni vi ha stabilito la sua residenza trent'anni fa.
"Renaud [Letang] è tutt'uno con questo posto, è una connessione carnale", insiste il suo amico e complice abituale, il cantante Philippe Katerine. "Questo studio è come un'estensione della mia mano", analizza il produttore, davanti alla console di registrazione Neve V3, un gioiello analogico inglese a 48 tracce, circondato dalle più recenti tecnologie digitali.
Dopo aver messo i suoi strumenti e le sue orecchie al servizio di artisti di molteplici stili – da Alain Souchon a Jane Birkin, da Claude Nougaro a Manu Chao, passando per Feist, Chilly Gonzales, Jamie Lidell, Oxmo Puccino, La Rumeur o Jeanne Added –, l'"uomo dello studio" ha pubblicato, il 6 giugno, sotto il nome di Drift, il suo primo album di composizioni originali, At the Party . Una "festa" con molteplici ospiti, i cui 14 pezzi si discostano stranamente dal groove jazz al folk, dal funk sperimentale alle fantasticherie ambient o al rap intimista.
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Le Monde